Il Centro Demetra partecipa al Progetto PERCS sulla relazione e la comunicazione con la coppia nella procreazione assistita.
Obiettivi del progetto PERCS
Parlare in modo chiaro, saper porre domande, lavorare insieme. Sono gli elementi fondamentali di una buona comunicazione tra il medico e il suo paziente. Eppure in questo settore la medicina occidentale è ancora indietro. Lo dicono i pazienti, che spesso migrano da una regione all’altra alla ricerca di un medico che sappia ascoltarli. Ma lo dicono anche i medici, frustrati dalla cosiddetta sindrome del “dottor shopping”, in cui si sentono trattati dai loro assistiti alla stregua di meri venditori di terapie.
Ma in cosa consiste davvero una buona comunicazione tra un medico e un paziente? A fare finalmente luce su questo aspetto ancora trascurato della medicina è ora il progetto PERCS (Program to EnhanceRelational and CommunicationSkills), uno studio osservazionale condotto dal Centro Universitario di Ricerca sugli Aspetti comunicativo relazionali in medicina dell’Università di Milano (C.U.R.A). Per la prima volta verranno videoregistrati e successivamente analizzati gli incontri tra il medico e il paziente in un settore ancora poco esplorato, quello della procreazione medicalmente assistita.
“Si tratta di uno studio multicentrico che vedrà coinvolti circa venti pazienti (o coppie di pazienti infertili) in ciascuno dei dieci centri di procreazione medicalmente assistita che aderiscono all’indagine”, spiega Egidio Moja, coordinatore del centro dell’ateneo milanese. “Abbiamo scelto il settore della Pma perché è ricco di implicazioni emotive, relative al successo o al fallimento nella ricerca di un figlio, e nel quale la comunicazione tra il medico e le coppie infertili può davvero fare la differenza”. Quando il rapporto funziona, e si stabilisce una vera e propria alleanza terapeutica tra il medico e la coppia, i risultati sono migliori. Risparmio economico.
“Lo studio ha come obiettivo quello di comprendere i punti critici del rapporto tra medico e paziente”, continua Moja. E può anche servire a scongiurare il dropout, quel fenomeno per cui una coppia infertile che non si sente presa adeguatamente in carico da una struttura interrompe l’iter terapeutico o addirittura varca i confini nazionali per recarsi in strutture all’estero.
Metodologia
Prima della visita – Verranno indagate le attitudini del paziente e la sua predisposizione alla partecipazione attiva somministrandogli prima di entrare in visita la versione italiana del questionario Patient Activation Measure (PAM) adattato al contesto italiano e all’ambito della procreazione Medicalmente Assistita. Si tratta di uno questionario composto da 13 elementi che misura il grado di attivazione di uno specifico individuo, in particolare le sue conoscenze, capacità e la sicurezza nel gestire la propria condizione clinica.
Durante la visita – Le visite di pazienti consenzienti verranno videoregistrate e analizzate con un software di analisi quantitativa (RIAS) in grado di misurare parametri relativi alla partecipazione della paziente (il tempo parlato dalla paziente, ma anche la sua capacità di fare domande, di esprimere opinioni e preferenze, o di fare richieste) e il clima emotivo generale della visita (il coinvolgimento, il calore, la socievolezza dell’interazione).
Dopo la visita – All’uscita dallo studio medico, al paziente verrà chiesto di compilare un questionario per valutare le abilità comunicative e relazionali del medico nel condurre la visita, come la capacità di presentarsi, di collaborare con la paziente, di mostrare interesse verso il problema, di spiegare con parole chiare. Alla paziente verrà poi chiesto di ricordare cosa abbia detto il medico rispetto alla sua situazione clinica, ai trattamenti e agli eventuali esami da fare. Le videoregistrazioni saranno analizzate da ricercatori esperti del centro C.U.R.A.