L’importanza della flora batterica

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Quale è la struttura microbica vaginale? 

La composizione del microbiota vaginale è condizionata dai livelli degli estrogeni: nella fase prepuberale, si hanno bassi livelli di estrogeni, uno strato sottile della mucosa, poco glicogeno, pochi lattobacilli e pH alto. 

Nella pubertà̀, sotto il controllo degli estrogeni, l’epitelio vaginale si ispessisce e l’aumento del glicogeno seleziona i microrganismi fermentanti. A questo punto, il microbiota vaginale è dominato dai lattobacilli, soprattutto L. crispatus, L. gasseri, L. iners e L. jensenii. 

Il glicogeno viene metabolizzato da questi lattobacilli in acido lattico e perossido d’idrogeno, diminuendo il pH e quindi sfavorendo la proliferazione di altri batteri, costituendo un meccanismo di difesa.

L’utero è un organo sterile? 

L’utero non è un ambiente sterile: fin dagli anni 90 si sono isolate forme batteriche all’interno dell’utero.  Nel 2017, un lavoro pubblicato su Nature communications (prestigiosa rivista scientifica internazionale) ha dimostrato che vi è un continuum del microbiota lungo il tratto genitale femminile dalla vagina all’utero, a conferma di un ambiente non sterile. 

Il microbiota della vagina e dell’endometrio sono molto simili ma non identici. La modalità̀ più plausibile per la colonizzazione del tratto genitale superiore è la trasmigrazione dei batteri da vagina, intestino e bocca. 

Il microbiota vaginale ed endometriale sono principalmente dominati da lattobacilli in proporzioni diverse. 

La presenza e la dominanza di altre specie batteriche possono portare a disbiosi che può interferire sia con il concepimento spontaneo che con in cicli di fecondazione in vitro.

Disbiosi è lo squilibrio delle diverse popolazioni di batteri, con diminuzione dei lattobacilli che agiscono come meccanismo di difesa e con l’aumento di altri tipi di batteri portano a infezioni.

Che ruolo riveste il microbiota endometriale nella riproduzione? 

L’impianto dell’ovulo fecondato avviene nella cavità uterina, e questo è il motivo per cui la medicina della riproduzione è interessata al microbiota endometriale e al suo impatto sull’inizio e sul mantenimento della gravidanza. 

I batteri presenti non fluttuano semplicemente sulla superficie dell’organo ma formano un complesso biofilm tridimensionale che – se esplorato – in futuro potrebbe essere di grande importanza. Questi biofilm, presenti dalla vagina fino alle tube, permettono un’interazione dinamica fra i gameti e gli embrioni, oltre che con l’interfaccia endometriale. 

Il ruolo del microbiota endometriale nell’interfaccia materno fetale all’inizio della gravidanza riveste grande interesse nella medicina della riproduzione e una migliore comprensione di quello che è l’ambiente uterino “in salute” e di come ottenerlo potrebbe essere importante per le donne che devono sottoporsi alle tecniche di procreazione assistita, ma anche per chiunque desideri concepire. 

Il ruolo che il microbioma cervico-vaginale e uterino svolge sugli insuccessi riproduttivi e conoscere la sua composizione potrebbe aiutare a individuare alcune delle cause dell’infertilità femminile e consentire di individuare interventi terapeutici mirati per ristabilire l’equilibrio dell’apparato. 

Da quali microrganismi si compone normalmente la flora cervico-vaginale?

In condizioni normali, il microbiota vaginale ed endometriale è costituito principalmente da Lattobacilli. La presenza o la predominanza di altri batteri (Enterococco, Mycoplasma, Atopobium vaginae, Ureaplasma, Chlamydia e Neisseria gonorrea, Streptococco, Staphylococco, Gardnerella, ecc.) può portare a uno squilibrio e alla condizione così detta di disbiosi. 

Uno studio ha evidenziato come una concentrazione di Lattobacilli superiore al 90% promuova, nelle pazienti affette da infertilità inspiegata, un tasso di gravidanza significativamente più alto. Ciò avviene perché i Lattobacilli (in particolare il Lactobacillus Crispatus e il Gasseri), contribuendo a mantenere basso il ph vaginale, influiscono positivamente sulla salute dell’apparato riproduttivo.

In quali casi e con quali strumenti si procede alla valutazione colturale dell’ambiente endometriale?

Tra gli strumenti disponibili, quelli che si stanno dimostrando più affidabili per verificare la tipologia e la concentrazione dei diversi batteri nell’ambiente endometriale sono le metodiche di coltura del tessuto endometriale attraverso le tecniche di Next Generation Sequencing (NGS). Attualmente, anche a causa degli alti costi, sono però indicate solo in presenza contemporanea di situazioni quali aborti spontanei ricorrenti o ripetuti fallimenti di impianto nella fecondazione assistita.

Come si arriva alla diagnosi di endometrite cronica?

Un valido aiuto per la diagnosi piuttosto complessa di endometrite cronica – patologia spesso associata a infertilità e sottovalutata – è rappresentato dall’isteroscopia: un esame endoscopico mini-invasivo che consente di visualizzare la cavità uterina (mediante un telescopio inserito attraverso la vagina e il collo dell’utero) e di eseguire biopsie mirate. L’indagine considerata al momento come fondamentale, per confermare la diagnosi, è la biopsia dell’endometrio (o esame istologico) con l’aggiunta di un’indagine immunoistochimica per la ricerca delle plasmacellule CD 138 nel tessuto endometriale, la cui presenza contraddistingue l’endometrite cronica. 

Va detto però che la definizione di endometrite cronica si sta ampliando perché lo stato infiammatorio del tessuto endometriale può dipendere da cause multifattoriali e non solo da una condizione di disbiosi (patologie della cavità uterina, polipi, malattie croniche, endometriosi, agenti allergenici, traumi, ischemia, corpi estranei, ecc.). Questa condizione è definita IISE (Impaired Inflammatory state of the endometrium). L’evolversi della definizione della malattia rende l’idea di quanto siano complicate la sua diagnosi e la sua gestione.

Come si cura questa patologia?

L’endometrite cronica va trattata con terapia antibiotica, che si è dimostrata efficace – dopo un solo ciclo fino all’80% dei casi. La raccomandazione è di non oltrepassare i 3 cicli. In associazione, si può ricorrere anche alla terapia antinfiammatoria: FANS (come l’aspirina) e corticosteroidi. Non è chiaro – Se lo stato infiammatorio persiste – come incida sulle probabilità di avviare una gravidanza.

Cosa si può fare oltre alla terapia antibiotica? 

Una possibile via, in questi casi, è rappresentata da prebiotici e probiotici. Sul mercato sono disponibili vari prodotti che contengono il Lactobacillus Crispatus, in grado – dopo almeno 20-30 giorni di somministrazione orale – di colonizzare l’intestino, l’organo dove hanno principalmente origine le disbiosi. 

La sua assunzione, che può essere presa in considerazione per un intervallo di tempo dai 3 ai 9 mesi, può apportare miglioramenti indirettamente anche sul tratto intestinale, genito-urinario e riproduttivo.

Cosa possiamo fare per favorire un corretto microbiota riproduttivo? 

Parlando di consigli pratici a questo riguardo, l’uso di probiotici che abbiano dimostrato una buona performance nella difesa dell’ambiente vaginale può essere una buona strategia. Il ceppo di L. crispatus ha una maggiore performance nella produzione di perossido d’idrogeno e di acido con attività̀ battericida e virucida e dimostra inoltre una grande capacità antinfiammatoria, oltre alla capacità di colonizzare il 94% delle pazienti trattate in 3 mesi. 

Conclusioni:

Gli studi basati sulle tecniche molecolari hanno rivoluzionato le nostre conoscenze del microbiota vaginale e queste nuove tecniche stanno facendo scoprire non solo che è necessaria la presenza dei lattobacilli ma anche quali tipi di lattobacilli sono cruciali per mantenere questo microbiota sano durante il percorso di PMA. 

Questi test diagnostici inoltre arricchiscono l’armamentario a disposizione per lo studio delle donne infertili con l’obiettivo di offrire una terapia adeguata, specifica e personalizzata. 

La valutazione endometriale deve espandersi non solo da un punto di vista morfologico, ma molecolare e anche microbiologico.  Lo studio del microbioma uterino potrebbe essere la nuova dimensione nell’outcome riproduttivo e la terapia futura potrebbe mirare e non eliminare la flora batterica endometriale, ma stabilire la flora ideale per il successo riproduttivo.