La prevenzione dell’infertilità, come?

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Le malattie sessualmente trasmesse, alcuni fattori ambientali e lavorativi, insieme ad alcuni stili di vita e l’età della prima gravidanza, rendono più difficile la riproduzione umana spontanea.

Le malattie a trasmissione sessuale

Le Malattie Sessualmente Trasmesse (MST) costituiscono un serio problema di sanità pubblica a livello mondiale: secondo dati dell’OMS, ogni anno nel mondo ci sarebbero più di 300 milioni di nuovi casi; sifilide, gonorrea, tricomoniasi e infezione da Chlamydia in individui tra i 15 e i 49 anni sono le infezioni più frequenti, ma tra esse vanno incluse anche le infezioni da HIV, HBV e HCV; spesso sono frequenti infezioni multiple.

Sotto il termine MST sono comprese forme infettive che possono essere asintomatiche, soprattutto le infezioni da Chlamydia, o manifestarsi con sintomi locali e/o sistemici (bruciore, secrezioni, febbre…) fino a sequele a lungo termine come la PID ( malattia infiammatoria pelvica), dolore cronico, sterilità tubarica, gravidanze ectopiche. L’incidenza di queste infezioni, soprattutto nella forma asintomatica,  è sottostimata e questo facilita la trasmissione tra partners e l’eventuale trasmissione verticale; infatti se le persone con sintomatologia evidente si astengono dall’attività sessuale e consultano un medico, coloro che trasmettono le infezioni sono solitamente i soggetti asintomatici o con scarsi sintomi che non richiedono spontaneamente consulenze.

Tra le categorie più a rischio gli adolescenti, e soprattutto le donne: il rapporto sessuale non protetto è per esempio il principale fattore di rischio di trasmissione dell’infezione da HIV tra le donne adulte e adolescenti in tutti i paesi del mondo.

La mancanza di informazioni corrette, la scarsa disponibilità, soprattutto in alcuni paesi, di servizi finalizzati alla promozione della salute delle donne, lo stigma sociale , l’assenza di sintomi, sono i motivi per cui spesso gli adolescenti sono i più esposti al rischio di MST.

Negli uomini, le infezioni possono compromettere i parametri seminali in termini di conta e motilità, e determinare, se non trattate, esiti a distanza, come prostatiti croniche o patologie ostruttive dell’epididimo e dei dotti eiaculatori.

La strategia per il controllo delle MST, e dei problemi riproduttivi ad esse correlate, si deve basare sulla prevenzione, con la promozione di comportamenti sessuali responsabili; gli obiettivi dovrebbero essere:
educazione e counselling delle persone a rischio perchè adottino comportamenti sessuali sicuri
identificazione delle persone infette, ma asintomatiche, e terapia specifica
diagnosi corrette e trattamento mirato delle persone sintomatiche
consulenza e trattamento dei partners sessuali di persone infette
visite andrologiche periodiche nell’uomo, anche a fronte di disturbi lievi
vaccinazione pre-esposizione delle persone a rischio, nei casi in cui il vaccino sia disponibile ( HBV, HPV )

Stili di vita e ambiente 

Vari abitudini di vita  possono avere un impatto importante sulla salute in generale, e sulla capacità riproduttiva in particolare, in entrambi i partners di una coppia.

Alcool: nella donna, nonostante si imputi al consumo di alcoolici una riduzione della fertilità, non si conoscono bene nè i livelli di consumo che portino ad un aumento del rischio, nè i meccanismi patogenetici; le donne con elevato uso di alcool hanno comunque alterazioni mestruali fino all’amenorrea, con anomalie della produzione di estrogeni e gonadotropine ipofisarie, che altererebbero la follicologenesi ed il meccanismo dell’ovulazione; sembrano essere associati alla riduzione della fertilità sia livelli di consumo medio/alti ( 7-8 superalcolici/settimana), che molto bassi ( 1 /settimana), rispetto a chi non assume alcoolici . Anche nell’uomo l’alcool è un riconosciuto fattore di rischio di infertilità , con importanti alterazioni nella produzione ormonale e nelle caratteristiche seminali.

Fumo: il fumo di sigaretta è stato associato ad una riduzione della fertilità femminile e maschile; le donne fumatrici avrebbero una prematura riduzione della riserva ovarica, con età della menopausa anticipata da 1 a 4 anni rispetto alle non fumatrici ; nell’uomo alterazioni della motilità e/o della morfologia spermatica, con meccanismi patogenetici in entrambi i sessi poco chiari e poco studiati.

Peso: nella donna, sia l’obesità che il basso peso possono alterare la funzionalità riproduttiva, causando disfunzioni ormonali ed ovulatorie, mentre nell’uomo tale situazione ha minore impatto sulla fertilità. Estrema importanza riveste un programma di cambiamento dello stile di vita, che includa una corretta alimentazione e l’esercizio fisico, con l’obiettivo di aiutare le donne a perdere peso e quindi migliorare le loro chances riproduttive.

Esposizione a sostanze tossiche /rischi occupazionali e ambientali: nella donna, esistono rischi occupazionali associati a riduzione della fertilità, legati soprattutto alla presenza di alcune sostanze tossiche ; in particolare, gli eteri etilene glicoli, solventi utilizzati in varie industrie ( componenti elettronici, fotografia, stampe di tessuti…), assorbiti rapidamente per inalazione, ingestione e contatto cutaneo, sembrano avere effetti di riduzione della fertilità sia maschile che femminile; stessa azione sembra legata anche a pesticidi utilizzati in agricoltura, e vari solventi organici, quali toluene, formaldeide, acetone, exani, utilizzati in varie industrie ( legno, stampa, fabbricazione di scarpe…); anche i turni di lavoro, soprattutto notturni, sembrano ridurre la fertilità femminile. Nell’uomo, varie sostanze chimiche possono alterare la spermatogenesi e ridurre la fertilità, tra questi : farmaci ( ormoni, antibiotici, beta-bloccanti, antiblastici…), droghe ( cocaina, oppioidi, cannabis, anabolizzanti…), tossici ambientali ( pesticidi, ftalati, diossine, metalli pesanti, insetticidi..). Anche la ipertermia scrotale è una causa riconosciuta di infertilità maschile, attraverso vari meccanismi considerati a rischio dispermia ( uso crescente di personal computers, spesso appoggiati sulle cosce, vicino ai genitali; guida prolungata di auto o camion; uso di mutande attillate; uso frequente e prolungato di saune e bagni turchi; professioni come cuochi, pizzaioli, fuochisti, lavoratori siderurgici….).

Complicanze di interventi chirurgici 

Nella donna spesso un problema di infertilità può essere legato ad interventi chirurgici a cui si è sottoposta anche molti anni prima, che possono aver creato: aderenze post-operatorie  con interessamento tubarico ( nella chirurgia pelvica e addominale, dall’appendicectomia alla miomectomia, al trattamento di cisti ovariche, soprattutto endometriosiche ); riduzione del parenchima ovarico con alterazione della riserva ovarica ( nella chirurgia pelvica soprattutto per endometriosi ovarica); aderenze e sinechie endocavitarie ( la cosiddetta sindrome di Asherman, di solito legata a revisioni di cavità  in seguito ad un aborto, a un’emorragia post-partum, a isteroscopia operativa per miomectomia/resezione di setto uterino, a interventi di parto cesareo. La riduzione di queste complicanze, e quindi la prevenzione di queste forme di infertilità iatrogena, passa attraverso la preparazione dei chirurghi, generali e ginecologi, all’utilizzo di tecniche chirurgiche mininvasive , aderendo a principi generali di estremo rispetto dei tessuti e attenzione ai sanguinamenti.

Patologie oncologiche e terapie associate

Negli ultimi decenni, grande attenzione è stata posta alla preservazione della fertilità nei pazienti oncologici:  problematica divenuta di grande rilievo sociale grazie ai progressi nei trattamenti oncologici con i sempre più efficaci protocolli di chemio-radioterapia, che garantiscono ai pazienti un aumento significativo dei tassi di sopravvivenza. Nell’uomo, il rischio di sviluppare una patologia maligna entro i 40 anni è stimato intorno all’1.4% della popolazione; le terapie antineoplastiche comportano spesso un effetto gonadotossico, temporaneo o permanente, con il 50% dei pazienti che può avere una riduzione nella qualità del liquido seminale, mentre il 25-30% risulta infertile anche dopo molti anni dalla fine dei trattamenti ; ad oggi, l’unico metodo di provata efficacia è la crioconservazione di liquido seminale, che deve essere proposta ed effettuata prima dell’inizio della chemioterapia, per garantire la fertilità futura nel caso che il trattamento abbia effetti gonadotossici  permanenti.

Nella donna esistono diverse opzioni per preservare la fertilità prima di una chemio, ma nessuna ha la stessa affidabilità e semplicità del congelamento del seme nell’uomo ; sono infatti tutti trattamenti invasivi, e in molti casi, con la necessità di una stimolazione ovarica preventiva:

  • congelamento di ovociti
  • congelamento  di embrioni/blastocisti
  • crioconservazione di tessuto ovarico/intero ovaio per futuri trapianti
  • conservazione di tessuto ovarico/follicoli isolati per IVM
  • protezione ormonale con GnRH-analoghi
  • trasposizione ovarica pre-radioterapia

Questi programmi, spesso di difficile realizzazione, molti ancora sperimentali, prevedono sicuramente un grande lavoro di équipe in cui entrino in campo ginecologi, biologi, oncologi e psicologi, con il difficile compito di informare il paziente e poi mettere in atto la tecnica più idonea alla sua situazione clinica.