Il ruolo psicologico legato all’infertilità e nell’affrontare il percorso di PMA

L’infertilità è considerata una “variabile imprevista” nel ciclo di vita della famiglia ed è un evento che comporta la riorganizzazione degli equilibri dell’intero sistema familiare: la difficoltà a concepire un bambino non mette in discussione, infatti, solo la possibilità per la coppia di diventare genitori, ma anche quella per i familiari di diventare nonni o zii.

La diagnosi di infertilità fa entrare il nucleo familiare in contatto con la dimensione della perdita, mettendo in crisi una delle funzioni principali della coppia: quella generativa. Quest’ultima non è ovviamente rappresentata soltanto da un figlio, ma da qualsiasi progetto che si identifica come terzo rispetto alla coppia, permettendo ai partner di sentirsi “non una sterile vicinanza di individui, ma una generativa condivisione di identità” (Cigoli)

La coppia che intraprende un percorso di PMA affronta molte prove a cominciare dai molti accertamenti medici che vengono richiesti, alla difficoltà di reperire informazioni chiare, alla fatica di parlarne con amici e parenti, al sentimento di isolamento sociale che può manifestarsi, alla dimensione luttuosa con cui la coppia si confronta, legata alla perdita della possibilità di concepire un bambino spontaneamente.

L’infertilità è un’esperienza stressante che coinvolge ogni aspetto della vita personale e sociale e mina profondamente l’identità maschile e quella femminile: la prima per ciò che concerne il tema della virilità e quindi della capacità di riprodursi come rappresentazione di potenza sessuale; la seconda perché nega la complessa esperienza della maternità. I molteplici stress psicofisici che la coppia vive, possono mettere in crisi oltre all’identità individuale maschile e femminile, anche la capacità della coppia stessa di sostenere e proteggere i due partner.

Secondo l’OMS l’infertilità è «una malattia del sistema riproduttivo caratterizzata dal fallimento della ricerca di una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali e non protetti», dato fondamentale da sottolineare che evidenzia l’importanza che riveste questa problematica per la vita delle persone che si trovano ad affrontarla.

Spesso accade, d’altronde, che la ricerca di un figlio diventi talmente centrale per la coppia, da annullare ogni altro progetto significativo, sospendendo il tempo familiare nell’attesa di realizzare il desiderio di genitorialità: affrontare una malattia non significa essere malati ed è importante che i partner possano continuare a vivere, ad andare avanti, a lavorare, vedere amici, condividere emozioni, sentimenti, progettare vacanze etc., nonostante gli impegni legati alla ricerca di un figlio.

Il corpo della coppia

Le donne sono al centro dell’attenzione clinica e il loro corpo è sottoposto a molteplici stress. Intraprendere un percorso di fecondazione assistita significa per una donna affrontare prove molto difficili dal punto di vista personale: innanzitutto vuol dire spogliarsi dei propri vestiti e mostrare le parti intime del proprio corpo allo sguardo di molti. Gli accertamenti clinici, volti ad approfondire le cause mediche dell’infertilità, per la donna sono molteplici e a volte dolorosi. L’aspetto è tutt’altro che irrilevante per il valore che assume il vissuto del corpo nella sterilità. Il corpo che non genera è innanzitutto sentito come inadeguato, vuoto, difettoso, mancante; è un corpo tradito e nello stesso tempo, traditore eppure è anche un corpo vivo, pieno di desiderio e di speranza. Il corpo sterile è un luogo di confitto. Nudo nei suoi timori, bisognoso di ascolto e di attenzione. 

Il desiderio di un figlio e il vissuto legato all’infertilità è diverso negli uomini e nelle donne, legato alle differenze di genere e questo può rendere non sempre facile la comprensione reciproca. È solo attraverso l’ascolto e la condivisione delle differenze individuali, d’altronde, che si può davvero superare una diagnosi di infertilità: quando questo accade può essere un’esperienza emotivamente arricchente per la coppia, che si sentirà più solida e più in grado di affrontare con responsabilità reciproca le sfide della vita, permettendo ai partner di esplorare e condividere un’intimità più profonda. 

Il compito della coppia è quello di costruire un “nido” solido che possa facilitare dal punto di vista psicologico il concepimento; è molto importante che i due partner possano sentirsi sereni e pronti ad accogliere il bambino sia individualmente che in coppia. Costruire un buon nido significa intrecciare i propri “rametti” con quelli del partner affinché ci si possa sentire sostenuti e protetti; i ramoscelli, infatti, devono proteggere dalle avversità climatiche e dai predatori, che mettono in pericolo la struttura del nido! La costruzione del nido è un processo che chiama in causa i rapporti di ciascun partner con le proprie famiglie d’origine e la regolazione dei rapporti della coppia con il mondo esterno. Quanto più un nido sarà solido, tanto più gli stress legati al percorso di fecondazione assistita potranno essere superati e tanto più, se il desiderio del figlio non dovesse essere coronato da successo, sarà più facile accogliere nel nido un altro progetto generativo per la coppia.

E’ importante che la coppia si prenda cura del proprio nido, sia per proteggersi dall’impatto delle possibili delusioni e fallimenti, sia perché è ormai nota, anche se ancora non se ne conosce l’entità, l’influenza degli aspetti psicologici su quelli fisici: basti pensare che un terzo dei concepimenti avviene durante la fase degli accertamenti diagnostici per l’infertilità o durante il periodo di attesa delle procedure di PMA.

Il sostegno psicologico

Può essere molto utile chiedere un sostegno psicologico durante il percorso di PMA, che è opportuno e possibile in tutte le fasi dell’approccio diagnostico terapeutico dell’infertilità e, eventualmente anche dopo che il processo di trattamento è stato completato. L’art.7 legge 40/2004 nella sezione “attività di consulenza e sostegno rivolta alla coppia” indica chiaramente che: […] ogni centro PMA dovrà prevedere la possibilità di consulenza della coppia e la possibilità di un supporto psicologico per la donna e le coppie che ne abbiano necessità.

Il percorso della coppia che affronta un problema di infertilità e che ricorre alle tecniche di procreazione mediamente assistita può non solo, a lungo andare, diventare sfibrante per i due partner, ma gli stress possono permanere a lungo dopo la conclusione delle procedure, anche se il percorso ha esito positivo.

E’ opportuno scegliere un professionista psicologo esperto in infertilità, perché occorrono competenze specifiche per lavorare in questo delicato ambito d’intervento, affinché sia possibile accompagnare la coppia nelle varie fasi del percorso di PMA, sostenere i partner da un punto di vista emotivo, aiutarli nel creare le condizioni ottimali, personali e di coppia, per affrontare il percorso di PMA e se quest’ultimo non dovesse andare a buon fine, nel cercare un altro progetto generativo per la coppia.

Margherita Riccio, autrice di “La Cicogna Distratta”, edito da Franco Angeli nel 2017.

Margherita è psicologa, psicoterapeuta, socio fondatore dell’Istituto di Alta Formazione e di Psicoterapia Familiare di Firenze, consulente del Centro Procreazione Assistita Demetra.

La Cicogna Distratta è un libro che si propone di offrire strumenti utili alle coppie che affrontano una diagnosi di infertilità e un percorso di PMA, attraverso numerose riflessioni cliniche e il racconto delle persone incontrate dall’autrice nel corso della sua esperienza clinica, da anni sempre al fianco delle coppie e delle loro difficoltà.


Articolo scritto da Dott.ssa Margherita Riccio

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